Il 50° di CulTurMedia: occasione di rilancio per uno sviluppo equo e sostenibile. Ne abbiamo parlato con Giovanna Barni, presidente di CulTurMedia, associazione di LegaCoop
«Molte delle sfide che motivarono la nascita di CulTurMedia, cinquantanni fa, sono ancora attuali: disuguaglianze territoriali, bisogno di cultura indipendente, linguaggi nuovi. E la cooperazione si conferma una risposta concreta a questi nodi». A parlare è Giovanna Barni, presidente dellassociazione di Legacoop che riunisce le cooperative della cultura, della comunicazione e del turismo. Il cinquantesimo anniversario è loccasione per guardare avanti. «Non vogliamo fare un viaggio nella memoria spiega Barni ma rilanciare lidea di impresa cooperativa come forma capace di affrontare le sfide della sostenibilità e dellequità.
Se le persone non hanno uguali opportunità di partecipazione culturale, è a rischio anche uno sviluppo futuro più giusto per tutti». Il percorso è iniziato simbolicamente al Salone del Libro, dove lassociazione ha lanciato il contest Un metro di libri in ogni casa. «Abbiamo ripreso linvito di Cesare Zavattini alle cooperative culturali e di abitanti, che chiedeva di ripensare labitare anche in chiave culturale. Con questo progetto ci siamo rivolti a giovani designer e creativi per immaginare nuovi spazi di lettura condivisa».
Barni ricorda anche limpegno cooperativo di figure centrali della cultura italiana: «Mario Monicelli, Umberto Eco, Elio Pagliarani: nomi importanti che avevano una chiara vocazione cooperativa, oggi spesso dimenticata. Valorizzare questa eredità significa rafforzare la reputazione del modello cooperativo anche nel presente».
Le cooperative culturali agiscono in modo sempre più trasversale, intrecciando cultura, natura e partecipazione. «Molte proposte turistiche nascono dallascolto delle comunità e dalluso responsabile delle risorse locali. Le cooperative offrono esperienze attive, fondate sulla relazione tra chi accoglie e chi viaggia. È un modo diverso di fare turismo, basato sulla conoscenza dei luoghi e sulla valorizzazione dei saperi diffusi».
Le trasformazioni in corso richiedono competenze nuove. «Molte associate sono realtà giovani nate per rispondere ai bisogni delle comunità. Usano il digitale come strumento di empowerment, promuovono la coprogettazione con le amministrazioni locali, reinterpretano il patrimonio culturale in chiave generativa. Il patrimonio non può restare chiuso in una logica conservativa: deve attivare socialità, creatività, relazioni».
Anche il welfare culturale rappresenta un asse strategico. «La cultura genera benessere e, in alcuni casi, può avere un valore curativo spiega Barni . Riguarda sia chi produce cultura sia chi la vive. Dove mancano spazi e occasioni di accesso, si riscontrano anche effetti negativi sulla qualità della vita. Anche il turismo culturale può diventare turismo curativo». Barni indica anche le priorità strategiche per il futuro.
«Dobbiamo rafforzare le reti cooperative, attivare piattaforme comuni, favorire sinergie tra cultura, consumo e abitare. È essenziale costruire alleanze con il mondo universitario per dare vita a nuovi spin-off in forma cooperativa. Le politiche pubbliche devono riconoscere questo ruolo, rendere disponibili gli spazi e garantire orizzonti di lunga durata. La gestione del patrimonio culturale non può restare confinata ai soli grandi attrattori, né limitarsi alla logica pubblica. Le cooperative possono prendersene cura con continuità, anche nei contesti più fragili».
«La cultura conclude Barni ha bisogno di qualità, professionalità, collaborazione. La cooperazione offre tutto questo. Vogliamo contribuire a una nuova stagione di sviluppo fondata su equità, prossimità e partecipazione»
Leggi altro da In primo piano.