Il capitale umano della Romagna applicato ai suoi mestieri

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L’intelligenza artigianale motore della valorizzazione e salvaguardia delle lavorazioni tradizionali

 La Romagna, a cui si associa istintivamente la parola turismo, è una terra di gente aperta e appassionata, che ha fatto dell’ospitalità una delle sue carte vincenti. Al centro del successo ci sono le persone, che offrono accoglienza e divertimento, in una terra che non ha certo il mare più bello d’Italia, ma è una delle mete turistiche più frequentate da sempre. Lasciando le spiagge e spostandosi all’interno, la passione tipica di questi luoghi ha reso possibile la sopravvivenza di mestieri antichi, che hanno saputo rinnovarsi per non morire.

Il segreto, che segreto non è, sta nella gente, e questa è una lezione semplice quanto troppo spesso sottovalutata. È una regola semplice. Se hai passione per quello che fai, sarà certamente un successo. Forse non diventi ricco, ma facendo della tua passione il tuo lavoro, crei felicità per te e per gli altri.

Riccardo Pascucci, titolare assieme al fratello della Stamperia Pascucci di Gambettola, è un profondo conoscitore del suo mestiere ma è più corretto definirlo un profondo conoscitore di mestieri, come trapela da questa conversazione.

Quali sono i mestieri antichi fiore all’occhiello della Romagna?

«Le tre eccellenze artigianali della Romagna sono le ceramiche, i mosaici e le tele stampate. Ma sopravvivono anche altre realtà minori, come arrotini, impagliatori di sedie e ombrellai, seppur destinate a scomparire. In ognuno di questi lavori si cela la maestria di mani sapienti che rischiamo di perdere. Per le nostre eccellenze il futuro è possibile, a patto di innovare: tradizione non significa ripetere sempre lo stesso, ma reinterpretare in chiave contemporanea».

Cosa si fa in Romagna per mantenere le conoscenze artigianali tipiche di questi mestieri?

Giuseppe Pascucci, figli e collaboratori

«Per le tele stampate molto dipende dall’iniziativa personale: non esistono scuole e si impara solo in bottega. Io lavoro con mio fratello, i nostri figli e sette collaboratori che ogni giorno creano con passione. Il mestiere lo hanno imparato nell’unico modo efficace: studiare e stare a bottega. Chi non ha questa fortuna si trova prima o poi a fine corsa: non esiste una comunicazione efficace per presentare questo mestiere come un’alternativa professionale.

Le ceramiche hanno una maggior diffusione e a Faenza c’è un museo dedicato, ma i percorsi scolastici restano teorici. Guardo con ammirazione al Giappone, che sostiene l’artigianato con programmi nazionali, come per esempio quello a sostegno della tradizione degli abiti ricamati dei samurai. In Italia, invece, tutto è lasciato ai singoli. Nel nostro settore la Regione Emilia-Romagna concede il patrocinio ma non sovvenzioni, e l’IVA agevolata è stata revocata. Senza sostegni, le attività seguono solo le logiche di mercato».

Che futuro hanno i mestieri nell’epoca dell’intelligenza artificiale?

«Sembra che l’intelligenza artificiale sia la soluzione a tutte le sfide di oggi. Pur comprendendo che in un mondo globalizzato e ad alta tecnologia sia necessario avere strumenti di analisi evoluti, sono anche certo che il nostro passato non debba cedere completamente il passo a questo tipo di innovazione e puntare anche sull’”intelligenza artigianale”. Anche in mestieri antichi si può e si deve introdurre l’innovazione, ma in questo caso gli elementi indispensabili sono la passione e la conoscenza delle tecniche, per adeguare il prodotto alle richieste del cliente, in ottica estetica, produttive ed etica. Diceva San Francesco che chi lavora con le mani è un lavoratore, chi lavora con mani e testa è un artigiano e chi lavora con mani, testa e cuore è un artista. Noi dobbiamo adoperarci per creare nuovi artisti, che assicurino lunga vita ai mestieri tradizionali».

Quali altri mestieri tradizionali riescono a sopravvivere in Romagna?

«Nella nostra terra la piadina è certamente una presenza costante sulle tavole. Montetiffi è tradizionalmente il paese dei tagliai, unico luogo in Italia in cui continua la plurisecolare arte della produzione di teglie per la cottura della piada utilizzando esclusivamente metodi artigianali. La lavorazione che porta un masso di argilla a divenire il testo su cui si cuocerà la “piada, pane di Romagna” è lunga e laboriosa, ma ricca di poesia. Custode di questa tradizione è Maurizio Camilletti, nel suo laboratorio Le teglie di Montetiffi a Sogliano al Rubicone».

Come è nata la passione per questo mestiere e qual è la ricetta del successo?

«Nel 1997 ho lasciato il mio lavoro da impiegato per dedicarmi a questo mestiere scoperto quasi per caso. Con mia moglie, Rosella Reali, siamo diventati tegliai, imparando le tecniche tradizionali e adattandole alle esigenze moderne. Le teglie, un tempo di 35-40 cm per stufe e camini, le abbiamo ridotte a 28-30 cm, rendendole adatte ai fornelli a gas. Innovare senza perdere la sapienza originaria è la formula per mantenere vivi i mestieri. Altrettanto importante è la comuni cazione: presentiamo le nostre teglie in fiere e sagre, lavorando anche in chiave di turismo esperienziale. Il mio obiettivo è creare, insieme agli enti locali, un corso di formazione per trasmettere queste conoscenze e ottenere riconoscimenti come l’IGP, oltre ad agevolazioni fiscali che incentivino nuove attività».

Pascucci prosegue la conversazione citando altre realtà locali.

«Anche la produzione di miele ha un ruolo importante nella nostra terra: l’apicoltura Brusi e le Brusine di Cervia sono impegnate a divulgare il più possibile la cultura delle api e del miele. In passato solo gli addetti ai lavori venivano iniziati ai riti e alla magia del mondo delle api, ma ora è tempo di diffondere questa conoscenza, per sostenere l’interesse per questa attività artigianale. Un appuntamento fisso dell’estate cervese è “La smielatura. Una settimana dolce come il miele”, un grande laboratorio pubblico, nel quale tutti possono vedere, provare e assaggiare».

Ritornando alle botteghe artigiane, Roberto Forlivesi è un testimone dell’arte scultorea, interpretata utilizzando materiali che spaziano dalla ceramica al legno, passando attraverso il marmo, il bronzo e la terracotta.

A Forlivesi chiediamo che futuro vede per la sua attività:

«Quando ho iniziato l’attività dopo aver frequentato l’Istituto d’Arte per la Ceramica, ho iniziato privilegiando l’aspetto artigianale a discapito di quello artistico, lavorando prevalentemente la ceramica, che però era conosciuta come tipica di Faenza e non di Gambettola. A lungo ho continuato a realizzare oggetti come le brocche e i piatti, aumentando la conoscenza di ceramica prodotta in questo paese. Questo mestiere mi ha dato da vivere ma non certo ricchezza. Solo nel tempo ho iniziato a “osare” facendo ciò che davvero mi piace, convertendomi a una produzione con una maggior inclinazione artistica. Se dovessi dare un consiglio a chi vuole intraprendere questa strada, raccomanderei di puntare da subito su realizzazioni artistiche, che rispecchino la passione che li anima. Non è comunque una strada facile, perché non esistono incentivi a cui accedere, e gli inizi sono sempre una sfida. È quindi normale che le nuove generazioni non siano attratte, e alcuni mestieri rischiano di scomparire se non si ha un talento eccezionale tale da diventare un famoso artista».

Concludiamo la conversazione con Pascucci domandando quali sono le occasioni in cui incontrare questi artigiani, capire in cosa consistono i vari mestieri e farsi ispirare se si è alla ricerca della propria professione

«Molti mestieri non hanno percorsi formativi strutturati: si imparano in bottega e si tramandano alle fiere e nelle mostre. Un’occasione importante sarà la Fiera Romagnola di Gambettola, a ottobre 2025, dove presenteremo anche le celebrazioni per i 200 anni della nostra Stamperia. La soddisfazione dei clienti resta però la spinta più forte per continuare a crescere».

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Immagine di Rita Passerini
Rita Passerini

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